L'amarezza del presidente emerito della Repubblica Ciampi "Aberrante episodio di torsione del sistema democratico"

"E' il massacro delle istituzioni ora proteggiamo il Quirinale"

di MASSIMO GIANNINI

ROMA - Benvenuti nella Repubblica del Male Minore. Cos'altro si può dire di un Paese che ormai, per assecondare i disegni plebiscitari di chi lo governa, è costretto ogni giorno ad un nuovo strappo delle regole della civiltà politica e giuridica, nella falsa e autoassolutoria convinzione di aver evitato un Male Maggiore? Carlo Azeglio Ciampi non trova altre formule: "La strage delle illusioni, il massacro delle istituzioni...". Ancora una volta, l'ex presidente della Repubblica parla con profonda amarezza di quello che accade nel Palazzo. Dopo il Lodo Alfano, il processo breve, lo scudo fiscale, il legittimo impedimento, il decreto salva-liste è solo l'ultimo, "aberrante episodio di torsione del nostro sistema democratico". Il "pasticciaccio di Palazzo Chigi" non è andato giù all'ex capo dello Stato, che considera il rimedio adottato (cioè il provvedimento urgente varato venerdì scorso) ad alto rischio di illegittimità costituzionale. E la clamorosa sentenza pronunciata ieri sera dal Tar del Lazio, che respinge il ricorso per la riammissione della lista del Pdl nel Lazio, non arriva a caso: "È la conferma che con quel decreto il governo fa ciò che la Costituzione gli vieta, cioè interviene su una materia di competenza delle Regioni. Speriamo solo che a questo punto non accadano ulteriori complicazioni...", dice.

Dopo il ricorso già avanzato da diverse giunte regionali, potrebbe persino accadere che, ad elezioni già svolte, anche la Consulta giudichi quel decreto illegittimo, con un verdetto definitivo e a quel punto davvero insindacabile. Questo preoccupa Ciampi: "Il risultato, in teoria, sarebbe l'invalidazione dell'intero risultato elettorale. Il rischio c'è, purtroppo. C'è solo da augurarsi che il peggio non accada, perché a quel punto il Paese precipiterebbe in un caos che non oso immaginare...". Il presidente emerito non lo dice in esplicito, ma dal suo ragionamento si evince che qualche dubbio lui l'avrebbe avuto, sulla percorribilità giuridica e politica di un decreto solo apparentemente "interpretativo", ma in realtà effettivamente "innovativo" della legislazione elettorale.

Ora si pone un interrogativo inquietante: questo disastro si poteva evitare? E se sì, chi aveva il potere di evitarlo? Detto più brutalmente: Giorgio Napolitano poteva non autorizzare la presentazione del decreto legge del governo? Ciampi vuole evitare conflitti con il suo successore, al quale lo lega un rapporto di affetto e di stima: "Non mi piace mai giudicare per periodi ipotetici dell'irrealtà. Allo stesso tempo, trovo sbagliato dire adesso "io avrei fatto, io avrei detto...". Ognuno decide secondo le proprie sensibilità e secondo le necessità dettate dal momento. Napolitano ha deciso così. Ora, quel che è fatto è fatto. Lo ripeto: a questo punto è stata imboccata una strada, e speriamo solo che ci porti a un risultato positivo...". Ma in questa occasione non si può negare che il Quirinale sia dovuto passare per la cruna di un ago particolarmente stretta, e che secondo molti ne sia uscito non proprio al meglio. In rete e sui blog imperversano le critiche: Scalfaro e Ciampi, si legge, non avrebbero mai messo la firma su questo "scempio". Al predecessore di Napolitano questo gioco non piace: "Queste sono cose dette un po' a sproposito". Come non gli piacciono le rischieste di impeachment che piovono sull'inquilino del Colle dall'Idv: "Ma che senso ha, adesso, sparare sul quartier generale? Al punto in cui siamo, è nell'interesse di tutti non alimentare la polemica sul Quirinale, e semmai adoperarsi per proteggere ancora di più la massima istituzione del Paese...".

Premesso questo, Ciampi non si nega una netta censura politica di quanto è accaduto: "Io credo che la soluzione migliore sarebbe stata quella di rinviare la data delle elezioni. Ma per fare questo sarebbe stata necessaria una volontà politica che, palesemente, nella maggioranza è mancata. Ma soprattutto io credo che sarebbe stato necessario, prima di tutto, che il governo riconoscesse pubblicamente, di fronte al Paese e al Parlamento, di aver commesso un grave errore. Sarebbe stato necessario che se ne assumesse la responsabilità, chiedendo scusa agli elettori e agli eletti. Da qui si doveva partire: a quel punto, ne sono sicuro, tutti avrebbero lavorato per risolvere il problema, e l'opposizione avrebbe dato la sua disponibilità a un accordo. Bisognava battersi a tutti i costi per questa soluzione della crisi, e inchiodare a questo percorso chi l'aveva causata. Ma purtroppo la maggioranza, ancora una volta, ha deciso di fuggire dalle sue responsabilità, e di forzare la mano". I risultati sono sotto gli occhi di tutti: "Di nuovo, assistiamo sgomenti al graduale svuotamento delle istituzioni, all'integrale oblio dei valori, al totale svilimento delle regole: questo è il male oscuro e profondo che sta corrodendo l'Italia".

Su questo piano inclinato, dove si fermeranno lo scivolamento civico e lo smottamento repubblicano? "Vede - osserva Ciampi - proprio poco fa stavo rileggendo il De senectute di Cicerone: ci sarebbe bisogno di quella saggezza, di quell'amore per la civiltà, di quell'attenzione al bene pubblico. E invece, se guardiamo alle azioni compiute e ai valori professati da chi ci governa vediamo prevalere l'esatto opposto". Aggressione agli organi istituzionali, difesa degli interessi personali: l'essenza del berlusconismo - secondo l'ex capo dello Stato - "è in re ipsa, cioè sta nelle cose che dice e che fa il presiedente del Consiglio: basta osservare e ascoltare, per rendersi conto di dove sta andando questo Paese". Già qualche mese fa Ciampi aveva rievocato, proprio su questo giornale, l'antico principio della Rivoluzione napoletana di Vincenzo Cuoco sulla felicità dei popoli "ai quali sono più necessari gli ordini che gli uomini", e poi il vecchio motto caro ai fratelli Rosselli, "non mollare", poi rideclinato da Francesco Saverio Borrelli nel celebre "resistere, resistere, resistere".

Oggi l'ex presidente torna su queste "urgenze morali", per ribadire che servono ancora tanti

"atti di coraggio", se vogliamo difendere la nostra democrazia e la nostra Costituzione. "I miei sono lì, sono le firme che non ho voluto apporrre su alcune leggi che mi furono presentate durante il settennato, e che successivamente mi sono state rinfacciate in Parlamento, come se si fosse trattato di atti "sediziosi", o decisioni "di parte". E invece erano ispirati solo ai principi del vivere civile in cui ho sempre creduto, e che riposano sulla sintesi virtuosa dei valori e delle istituzioni". Tra i 2001 e il 2006 Ciampi non potè rinviare alle Camere tutte le leggi-vergogna del secondo governo Berlusconi, perché in alcune di esse mancava il vizio della "palese incostituzionalità" che solo può giustificare il diniego di firma da parte del capo dello Stato. Ma dalla riforma Gasparri sul sistema radiotelevisivo alla riforma Castelli sull'ordinamento giudiziario, Ciampi pronunciò alcuni "no" pesantissimi.

Nonostante questo, anche a lui tocca oggi constatare che quella forma di "pedagogia repubblicana", necessaria ma non sufficiente, è servita a poco o a nulla. "Cosa vuole che le dica? Purtroppo questo è il drammatico paesaggio italiano, né bello né facile. E questo è anche il mio più grande rimpianto di vecchio: sulla soglia dei 90 anni, mi accorgo con amarezza che questa non è l'Italia che vagheggiavo a 20 anni. Allora ci svegliavamo la mattina convinti che, comunque fossero andate le cose, avremmo fatto un passo avanti. Oggi ci alziamo la mattina, e ogni giorno ci accorgiamo di aver fatto un altro passo indietro. E' molto triste, per me che sono un nonuagenario. Ma chi è più giovane di me non deve perdersi d'animo, e soprattutto non deve smettere di lottare". Sabato prossimo Ciampi non andrà in piazza, per sfilare in corteo contro il "pasticciaccio" di Berlusconi: "Non ho mai aderito a manifestazioni, e comunque le gambe non mi reggerebbero...", dice. Ma chissà: magari con vent'anni di meno ci sarebbe andato anche lui.

09 marzo 2010


Comunicato stampa del Sindaco Buscema

Il documento dell’MPA in cui vengono ribaditi i principali punti programmatici da perseguire nel prossimo futuro confermano quanto dichiarato appena ieri dal sottoscritto circa la pressoché totale sintonia con cui la Giunta e l’intera coalizione stanno lavorando. Infatti essi coincidono in massima parte con quelli da me evidenziati e non poteva essere altrimenti visto il confronto franco e leale che c’è sempre stato. Si tratta di insistere e di accelerare i percorsi amministrativi intrapresi e gli amici dell’MPA possono stare tranquilli che non ci sarà resistenza alcuna, non fosse altro perché più della metà dei suddetti obiettivi attengono a rami dell’amministrazione le cui deleghe sono detenute da loro assessori. Rimane da chiarire il concetto più volte ribadito di un bilancio con sole “spese obbligatorie”. Ma anche in questo non ci si intende sottrarre al confronto. Già lunedì, l’assessore al Bilancio è in grado di sottoporre alla coalizione un bozza di bilancio preventivo che preveda solo spese obbligatorie in senso stretto. Valuteremo prioritariamente la compatibilità finanziaria della proposta ma siamo certi che tutti, gli assessori in primis a prescindere dal partito di appartenenza, inviteranno la coalizione a valutare anche la compatibilità sociale e amministrativa della stessa. Decideremo insieme e con metro di giudizio equanime rispetto ai vari rami dell’attività amministrativa e alle molteplici esigenze della città dove allocare eventuali altre risorse che, tolte le spese obbligatorie, dovessero rendersi disponibili, senza compromettere un reale equilibrio di bilancio e la rigorosa azione di risanamento che stiamo tenacemente e coraggiosamente perseguendo fin dal nostro insediamento.


Il Sindaco

Antonello Buscema











Premier's List (Manzoni-ellekappa)
(ode molto ma molto liberamente ispirata al Conte di Carmagnola)

S'ode a destra un caudillo che tromba
nella lista s'aggiunge una squillo
due veline un corista una bionda
nella fronda serpeggia il velen.
Negli elenchi del vispo mandrillo
non c'è nulla che sia autenticato
carte false e il verbale aggirato
senza firme, au revoir mercì bien!

La Sua cricca prepara il terreno
c'è un tiggì che gli spiana le strade:
son le leggi le serpi che ha in seno!
ringhia forte lo slurp minzolin
C'è un Ignazio -un reperto dell'ade-
che sinistro bofonchia di guerra,
un Massone che al golpe s'appella,
Gran Maestro del laido obbedir

Il più inetto di tale servaggio,
tal Maurizio con l'occhio a pernice,
drammatizza ed esorta al linciaggio
scatenando una rissa da bar.
"E' un complotto di rossa matrice"
bèla Bondi allenato a tal guisa
e ignorando la legge derisa
si diletta a insultare anche il Tar

Trama, intrigo, cospiro nefando!
fà il Celeste con bleso inveire.
Vergin cuccia del limpido Lambro,
senza firme la lista non c'è!
Dal Senato è il suo capo a ruggire
e al predello soccorre in aiuto:
se la Forma dà noia al Venduto,
l'annulliam senza come e perché

Ahi sventura! Là sul Colle non piace l'inganno
e i garbugli da stolti magliari,
e i decreti accroccati in affanno
per potere la truffa archiviar.
Alle trame dei quattro compari,
più il Prescritto, che al solito mente,
si frappone un Signore furente
che con grazia li manda a zappar.