Drago e Torchi novelli De Gasperi e Roosevelt? e noi paghiamo.....

Da "La pagina"

Il silenzio è d’oro, in alcuni casi. Dovrebbe esserlo almeno, specialmente per una classe dirigente che ha fallito la propria missione e che, se non ha l’onestà di sapere ammettere i propri errori, dovrebbe quantomeno avere la dignità di tacere, piuttosto che tentare in tutti i modi di difendere un operato che l’opinione pubblica ha già giudicato indifendibile. Bisognerebbe suggerirlo ai partiti che oggi, a Modica, stanno all’opposizione perché è questo il ruolo che la popolazione ha conferito loro attraverso il voto: sarebbe più opportuno e probabilmente più costruttivo per la città che si adeguassero a svolgere con correttezza questo compito, anziché continuare a rivangare i tempi in cui erano maggioranza, ammantandoli d’oro e di fiabe a cui non crede più nessuno.
E’ il caso, ultimo in ordine di tempo, delle dichiarazioni rese nel corso dell’ultima assemblea cittadina dell’Udc dal deputato nazionale Giuseppe Drago che ha avvertito l’esigenza di offrire alla città di Modica un’ultima, improponibile giustificazione alla devastazione economica che il suo partito, il suo sindaco, la sua maggioranza hanno lasciato al Comune di Modica: “Tutti gli enti locali –è riportato testualmente nella nota diffusa a margine dell’incontro- sono stati costretti a ricorrere a un pesante indebitamento. La differenza tra Modica e altre realtà riguarda la reazione a questo stato di cose, che nel caso della nostra città è stata ispirata al modello di Roosevelt e De Gasperi, cioè sfruttare il debito pubblico per creare un incremento del Pil, ossia sviluppo del territorio, investimenti pubblici e privati, incremento dell'occupazione e mantenimento di elevati standard quantitativi e qualitativi dei servizi locali. Questa è l'unica verità storica”.
Se questa è, per l’onorevole Drago, l’unica verità storica, sarebbe forse il caso di ricordare a lui e a tutti i cittadini le ragioni per le quali una simile spiegazione della “politica del debito” è assolutamente inapplicabile. Volendo portare rispetto alla verità storica infatti, se Drago cita Roosvelt con tanta disinvoltura, conoscerà certamente i principi della politica economica di Keynes a cui la sua politica americana del “New Deal” si ispirò: l’idea che il mercato non possa essere sempre lasciato a sé stesso e che per questo siano talvolta giustificabili le politiche destinate a stimolare la domanda in periodi di crisi, ad esempio tramite l’incremento della spesa pubblica negli investimenti, nell’occupazione, nel welfare. L’idea che un intervento diretto dello Stato nelle attività produttive possa rivelarsi fondamentale per risollevare le sorti di un paese in recessione, ha portato, nella storia, i suoi benefici. Gli Usa di Roosvelt si risollevarono, grazie al New Deal, dalla terribile crisi economica del 1929.
Ma come si applica questo principio alla Modica di ieri e di oggi? Tutte le risorse economiche che sono state investite nella città, negli ultimi anni, erano e sono ancora risorse essenzialmente private. La politica edilizia si è risolta nel rilascio di concessioni, spesso secondo criteri di privilegio e senza rispetto del territorio, mentre quella delle opere pubbliche ha aumentato esponenzialmente l’esposizione del debito tramite la contrazione di innumerevoli mutui, senza che questo abbia realmente cambiato il volto della città. Quanto alle politiche occupazionali, ci chiediamo se possano definirsi risolutive le assunzioni “politiche” di centinaia di lavoratori, che hanno saturato i carrozzoni come la Multiservizi e che oggi sanno solo protestare perché non possono percepire lo stipendio.
La politica di Drago e dei suoi, ben diversa da quella di Roosvelt, non è intervenuta a risollevare le sorti di una Modica in difficoltà, ma al contrario l’ha condannata alla perenne difficoltà. La loro “politica del debito”, che oggi hanno anche l’ardire di esaltare, ha in realtà messo in ginocchio la città che, proprio adesso che dovrebbe essere in grado di fronteggiare la calamità della crisi economica del settore privato, si ritrova invece esausta e dissanguata di ogni sua risorsa pubblica e svuotata dalla domanda di centinaia di famiglie che, non percependo lo stipendio, non hanno più potere d’acquisto. Se i nostri ex amministratori hanno bisogno di qualche lezione di recupero in materia di politica economica, basterebbe che imparassero a guardare questa realtà per rendersi conto di dove hanno sbagliato.

Concetta Bonini